Ho avuto occasione di conoscere Eleonora partecipando ad un workshop a Bologna all’interno del progetto Artists@Work. Creativity for Justice and Fairness in Europe. Il progetto di illustrazione a cui sta lavorando, dal forte impatto espressivo ed emotivo, è strettamente (anzi di più, direi intimamente) legato al suo territorio. Nasce dalla volontà di testimoniare ed insieme denunciare la devastazione ambientale che provocano ogni anno gli incendi nel Sud Italia e di sensibilizzare all’importanza della tutela delle aree verdi e boschive.
Eleonora ha raccolto il carbone degli alberi distrutti dall’incendio che ha interessato il Parco Nazionale del Vesuvio nel luglio del 2017 ed ha deciso di utilizzarlo per raccontare, attraverso il disegno, i giorni dell’incendio, la forza devastante del fuoco e le testimonianze di chi in quei giorni ha assistito ed ha cercato di reagire a quello che non stento a definire un atto di “stragismo ecosistemico”.
L’arte, nel lavoro di Eleonora, diventa anche un mezzo catartico: è a partire dal carbone (materiale utilizzato fin dall’antichità per disegnare), simbolo triste e silenzioso del passaggio del fuoco, che può rinascere la bellezza in un’opera d’arte, così come dalle ceneri la natura trova sempre la forza di rigenerarsi (anche se i tempi, ahimè, sono molto lunghi). La speranza è che le persone comprendano che rispettare il bosco, gli spazi verdi ed in generale l’ambiente vuol dire avere rispetto innanzitutto per sé stessi e per la bellezza da cui, se apriamo gli occhi e la mente, siamo già circondati.
– Chi sei? Di cosa ti occupi?
Mi chiamo Eleonora De Chiara, sono nata a Salerno e ho da poco concluso i miei studi in Design e Comunicazione che, grazie ai programmi di scambio, sono riuscita a svolgere tra Napoli, Bruxelles e Lisbona. Nel corso della mia formazione mi sono appassionata a temi come l’identità urbana e lo sviluppo territoriale, cercando di esaminare quale può essere il ruolo del design e dell’arte all’interno di questi processi. Nei miei lavori, la manualità ha un ruolo predominante, cerco di conciliare diverse tecniche in maniera interdisciplinare come il disegno, l’illustrazione e la ceramica.
– Puoi parlarci del tuo progetto artistico? Come nasce?
Il progetto a cui sto lavorando parla degli incendi accaduti quest’ultima estate in tutta Italia, soprattutto al sud. Questi incendi hanno colpito anche il Parco Nazionale del Vesuvio distruggendo ettari di vegetazione. Le immagini di quei giorni erano davvero forti, il Vesuvio sembrava in preda ad un’eruzione. Ricordo che la notizia mi ha abbastanza sconvolta, l’idea, infatti, non è arrivata subito. Dopo qualche mese leggendo un’inchiesta sul capitale naturale, ho riflettuto sull’immenso patrimonio che abbiamo perso e gli elementi si sono accostati naturalmente tra di loro. L’idea è quella di raccontare questo disastro ambientale proprio attraverso il carbone, testimone di questi incendi ma anche uno dei materiali più antichi di illustrazione.
– Qual è il soggetto dell’illustrazione? E quale il messaggio che vuoi trasmettere con il tuo lavoro?
Il soggetto sarà il Parco, ma anche la voce dei volontari e degli abitanti. Quello che vorrei sottolineare è ciò che abbiamo perso, una grande risorsa, un polmone naturale, simbolo di un territorio. Vorrei che emergesse il contributo che una foresta riesce a dare all’ambiente circostante, un aiuto che molto spesso non ci rendiamo conto di avere.
– Quali saranno le fasi di realizzazione?
Il progetto sarà sviluppato all’interno del programma Artists@Work e si svilupperà in tre fasi. La prima è quella del sopralluogo: visitando il parco insieme ad un volontario, ho potuto ascoltare i racconti di quei giorni, raccogliere il carbone e scattare delle foto. Nella seconda fase mi focalizzerò sui racconti, cercando di selezionare i dettagli e gli elementi chiave della storia.
Sono curiosa poi di sperimentare il materiale. Il carbone infatti è graficamente molto versatile ed espressivo: cambiando supporto, grammatura della carta e tecniche varie si possono ottenere diversi risultati. L’ultima fase sarà quella della produzione del lavoro finale, un libro che racchiude tutti questi racconti, illustrazioni e dati.
– Perché hai scelto di usare il carbone per disegnare? Ha un valore simbolico?
Mi piace pensare che si possa usare un elemento derivato da una catastrofe per disegnare e tramandare un racconto. Questa volontà è alla base della pratica del progetto che si rifà al comportamento tipico degli ecosistemi mediterranei. Questi territori, infatti, caratterizzati storicamente dall’instabilità di molti fattori ambientali, hanno sviluppato una forte resilienza agli eventi naturali come incendi, forti tempeste e frane di costoni rocciosi.
Allo stesso tempo vedo la società del Mediterraneo molto simile ai suoi ecosistemi, per la sua resistenza e la sua capacità di recuperare forza, spirito e buon umore dopo le difficoltà.
– Hai recuperato tu stessa i carboncini? Ci racconti come li hai scelti?
Si, in uno dei miei sopralluoghi al parco. Non c’è stata una particolare selezione, ne ho portati a casa moltissimi, lasciando i miei genitori abbastanza perplessi.
– Come si fa a fissare il carboncino sulla carta?
Questa tecnica l’ho conosciuta un anno fa grazie ad un amico portoghese che usa il carboncino per le sue opere e che mi ha ispirata molto in questo progetto. Basta usare semplicemente un fissante (anche la lacca per i capelli della nonna) ad una distanza di trenta centimetri dal foglio.
– Il libro illustrato sarà tutto in bianco e nero o utilizzerai degli altri colori?
In prevalenza si, ma questo carboncino essendo naturale lascia anche tracce di colore marrone scuro. Il libro conterrà anche delle foto, ma ancora non so se in bianco e nero o a colori.
– Come hai finanziato e/o cercherai di finanziare, il tuo lavoro?
Al momento il progetto è autofinanziato, ma sto valutando l’ipotesi di utilizzare il crowfunding, coinvolgendo le associazioni che si occupano della salvaguardia del parco.
– Conosci altri artisti nel mondo che portano avanti progetti simili? Hai contatti diretti con loro, siete in rete?
Ho conosciuto grazie ad una residenza artistica a Viana do Castelo in Portogallo, altri artisti molto legati all’ambiente come ad esempio Joana Patrão, che ha un legame molto stretto con l’oceano ed il mare. Michela Fortino, una fotografa pugliese che approfondisce temi come l’immigrazione e la diaspora attraverso gli album di famiglia.
– Dove possiamo trovare altri tuoi lavori e seguire lo sviluppo del progetto?
È possibile seguire lo sviluppo del progetto sui canali del programma Artists@Work, ma anche sul diario aboutsocialdezign.tumblr.com e eleonoradechiara.tumblr.com dove raccolgo i progetti sviluppati nel corso degli anni, insieme ad altri artisti e designer, ma anche case study.
– Quale può essere, secondo te, il valore aggiunto della comunicazione artistica e creativa nel veicolare messaggi di importanza socio-culturale ed ambientale?
Credo che sia la libertà e la franchezza del linguaggio con la quale si esprime il contenuto. A differenza infatti di altre professioni che ‘comunicano’, penso che quella dell’artista, o del creativo in generale, può arrivare ad essere più autentica perché da sempre (a mio parere) più tollerata – all’artista infatti viene concessa la libertà di muoversi in argomenti sociali senza dei limiti, semplicemente sperimentando e esprimendo nella maniera che crede più opportuna. Questo filtra tante cose – rafforza degli elementi ma ne indebolisce altri – ed il fruitore dell’arte spesso ne assimila i concetti senza neanche rendersene conto. Forse è questo il valore aggiunto.
– Vuoi lasciare un messaggio per i nostri lettori?
…oddio questa è difficile… quello che mi sento di dire è che senza i nostri boschi siamo spacciati.
Per saperne di più sul fenomeno degli incendi in Italia…
Nel 2017 il Vesuvio è stata una delle aree protette più colpite e danneggiate, sotto il giogo degli abusivi che periodicamente usano il fuoco come forma di ritorsione. Le fiamme nello stesso periodo avevano raggiunto anche altri parchi naturali: Majella, Gargano, Alta Murgia, Pollino Sila, Aspromonte tra gli altri.
Tra i mesi di maggio e luglio 2017 sono andati in fumo 72.039 ettari di superfici boschive. Sommati ai 2.926 ettari bruciati nel periodo invernale, nei primi sette mesi del 2017 le fiamme hanno divorato 74.965 ettari di boschi.
Questi sono i dati aggiornati al 26 luglio, elaborati da Legambiente e raccolti dalla Commissione europea nell’ambito del progetto Copernico per mappare e monitorare il fenomeno degli incendi in Italia e nel resto d’Europa.
Secondo la banca dati, le regioni italiane più colpite sono la Sicilia con 25.071 ettari distrutti dal fuoco (con roghi in quasi tutte le province), la Calabria con 19.224 ettari e ancora la Campania 13.037, il Lazio 4.859, la Sardegna 3.512, la Puglia 3.049, la Liguria 2.848, la Toscana 1.521, la Basilicata 572, l’Abruzzo 366, la Lombardia 270, le Marche 264, l’Umbria 221 e il Piemonte con 151 ettari.
L’Italia ha un patrimonio boschivo importante, che copre circa il 36% della superficie territoriale nazionale. Negli ultimi 30 anni, secondo la Protezione Civile, è andato perso addirittura il 12% del patrimonio forestale totale del Paese. Le conseguenze degli incendi portano danni inestimabili agli ecosistemi colpiti in termini di biodiversità (secondo le stime di Coldiretti, per ogni ettaro di macchia mediterranea andato in fumo sono morti in media 400 animali tra mammiferi, uccelli e rettili) ed effetti disastrosi sulla già precaria tenuta idrogeologica del territorio e sul fronte della lotta ai cambiamenti climatici. Senza contare le ingenti spese economiche che ne scaturiscono: le stime complessive fatte dall’ex Corpo forestale dello Stato (confluito nell’Arma dei carabinieri) sui danni ambientali causati dai roghi nel 2016 ruotano intorno ai 14 milioni di euro, mentre i soli costi per l’estinzione sono stati quantificati in quasi 8 milioni. Il conto, come vedete, è estremamente salato.
E quello che fa più rabbia e tristezza, se consideriamo nulle (per ovvie motivazioni scientifiche) le possibilità di autocombustione, è che i boschi in Italia bruciano nella stragrande maggioranza dei casi per mano criminale, mafiosa e non, per il perseguimento di interessi economici privati o settoriali: assunzioni clientelari del personale forestale, estensione delle superfici destinati al pascolo, appalti per manutenzione e rimboschimenti o come strumento di ritorsione e ricatto politico. Secondo il rapporto Ecomafia il trend purtroppo è in crescita: già nel 2016 gli incendi di origine dolosa o colposa erano quasi raddoppiati rispetto al 2015.
A tutto questo si aggiunge una disarmante inefficienza nella gestione dell’emergenza incendi a livello nazionale e regionale: nelle sei regioni maggiormente colpite dagli incendi il quadro è disarmante. Scarsa manutenzione e pochi controlli, fortissimi ed ingiustificati ritardi nella pianificazione territoriale, nell’approvazione dei piani di AIB (antincendi boschivi), mancato trasferimento di personale e mezzi, mancata firma delle apposite convenzioni.
Tanto c’è ancora da fare per poter creare un sistema che a livello nazionale e locale garantisca attività di prevenzione degli incendi attraverso la cura e la tutela del territorio e delle aree boschive. Occorre innanzitutto definire una concreta politica di adattamento ai cambiamenti climatici e lo studio e la predisposizione di misure di mitigazione del rischio. Bisogna inoltre rafforzare le attività di controllo e di avvistamento (necessarie per la realizzazione di interventi tempestivi di estinzione) e intervenire con fermezza contro piromani ed ecocriminali (applicando la legge sugli ecoreati – la n.68/2015 – e in particolare il reato di disastro ambientale secondo quanto previsto dall’art. 452 quater del codice penale, che incrementa le pene fino a 15 anni di reclusione più le aggravanti). Infine è fondamentale il ruolo degli Enti locali nella realizzazione e aggiornamento costante del Catasto delle aree interessate dal fuoco, finalizzato alla predisposizione dei vincoli di uso dei suoli, al fine di impedire speculazioni economiche sulle aree dove si siano verificati incendi (come previsto dalla legge 353/2000).